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Terzo incontro del gruppo di autostima. Esercizio n°1 : far valere i propri diritti!

mangiopositivo
Pubblicato da Elisabetta Giovetti in Autostima · 20 Aprile 2015






E’ mercoledì sera e io e la mia amica pedaliamo nel viale lungo il fiume.
È andata al terzo incontro del suo gruppo di autostima.
«Allora?»
«Allora… dove eravamo rimaste? Ah già i diritti assertivi. Dunque l’altra sera Davide, l’architetto gay, ha messo sul tavolo il problema del comportamento di Maria, l’avvocata.»
«Perché cosa fa?»
«Mentre lavoriamo risponde continuamente al cellulare e questo modo di fare disturba il lavoro del gruppo.»
«Un po’ maleducata…» osservo guardando i movimenti dei passeri davanti a me «E come ha reagito?»
«All’inizio molto violentemente, ma eravamo tutti d’accordo. La Mimeritodipiù, allora, le ha chiesto di silenziarlo perlomeno. All’inizio diceva che era impossibile. Adduceva un sacco di scuse che non erano altro che un modo per mascherare la sua vulnerabilità. Diceva anche di non rendersi conto di causare tanto disturbo al lavoro degli altri. Noi, a quel punto, siamo insorti e mimando il suo modo di agire, abbiamo iniziato a rispondere al telefono e a fare confusione parlando a voce alta.»
Scoppio a ridere «Geniale! E lei?»
«Prima si è infastidita finché, alla fine, è scoppiata a ridere. Dopo un po’ abbiamo raggiunto un compromesso: lei silenzia il telefono per tutte le due ore di lavoro, però ogni mezz’ora potrà uscire qualche minuto per rispondere ad eventuali urgenze. Tutto questo lavoro ci ha preso quasi un’ora di tempo ma è stato molto interessante. La psicologa, poi alla lavagna, ha visualizzato con uno schema come è stato affrontato il problema fino alla sua risoluzione. Ha sottolineato che i problemi si risolvono trovando un compromesso in cui tutte le parti cedono e acquistano qualcosa per il raggiungimento di un fine comune. Prima di uscire Maria, commossa, ci ha ringraziato per averle fatto notare questi aspetti del suo carattere di cui aveva solo una vaga percezione. Ha detto che questo modo di fare arrogante le ha portato diversi inconvenienti nel lavoro e anche nella vita privata.»
Rimontiamo in bicicletta e riprendiamo  la passeggiata.
«E’ interessante, insomma, questo gruppo di assertività…» commento.
«Si, molto. Sono proprio contenta di partecipare. Devo dirti la verità che in certe cose che ha detto l’avvocata mi ci sono un po’ ritrovata anch’io. Anche io a volte sul lavoro sono dispotica e questo modo di comportarmi mi danneggia.»
Penso che io, invece, ho un modo di fare diametralmente opposto. In casa mia la filosofia era quella di sopportare sempre tutto. Incassare tutte le umiliazioni, le ingiustizie, i colpi bassi senza reagire mai. Ed io sono stata veramente una brava figlia: ho imparato la lezione alla perfezione e tuttora continuo a subire ogni genere di torto.
«Potresti iscriverti anche tu a uno di questi gruppi. Sono convinta che ti sarebbe utile.»
«Penso anch’io. Mi spaventa un po’ trovarmi a parlare di cose personali in mezzo a gente che non conosco.»
«Si all’inizio è un po’ imbarazzante, però siamo tutti nella stessa situazione. Ti dirò che si crea una certa solidarietà e questa è una sensazione molto bella.»
Saluto Lella e pedalando verso casa penso a quello che mi ha raccontato.
Dovrei cercare di vincere il timore di affrontare le situazioni nuove. Lo so. È castrante e mi porta spesso a rinunciare a un sacco di cose che potrebbero essere piacevoli. Tutto per la paura di fallire, di non farcela.
Quante robe belle mi ha lasciato mia madre, penso. Però è vero anche che non posso dare la colpa di tutti i miei problemi a lei.
Sono alla soglia dei quarant’anni diciamo che questo alibi inizia a essere alquanto traballante!
Potrei parlarne a G.
Certe volte quell’uomo mi stupisce per quanto riesce a dissimulare la sua acuta intelligenza!






La madre amorevole!






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