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L'anziana coppia

mangiopositivo
Pubblicato da Elisabetta Giovetti in Lella · 30 Ottobre 2014







Mercoledì sera mi è venuta voglia di sentire Lella e l’ho cercata. Aveva una voce rauca che non l’avevo neanche riconosciuta. Era piena di raffreddore, era perfino stata a casa dal lavoro, cosa veramente eccezionale per lei. Era triste. Quando le ho chiesto cosa aveva mi ha risposto vagamente. Non ho insistito perché ho capito che preferiva non parlarne.
Ma stasera G. è fuori e torna tardi e vado a trovarla. E’ ancora piena di raffreddore però va meglio. Mi sono comprata qualcosa da mangiare dai cinesi, mio marito odia quelle cose e quando non c’è approfitto. Lella, in cucina, si sta preparando una minestrina tristissima!
-
Non ti sembra di esagerare?- faccio scherzando.
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Non esagero, sono stata piuttosto male in questi giorni e ho ancora un po’ di nausea. Mi conosci, restare a casa dal lavoro non è da me. -
Metto la mia roba cinese sulla tavola, lei versa la sua minestrina in una scodella. Il mio piatto ha un aspetto invitante e manda un buon profumo, il suo fa un po’ pietà. Mi rimanda a dei ricordi lontani, i brodini insipidi di mia nonna che ero costretta a mangiare quando andavamo a trovarla. In un altro momento sarebbe un po’ comico, ma non dico niente. Lei non è dell’umore adatto. Accende la tele.  La guardo un po’ stupita, so che odia la tivù. Mentre mangiamo il telegiornale mostra le solite cose, guerre, il parlamento, cortei, scioperi. Poi spegne tutto, torna il silenzio. Mi guarda.
-
Avrai capito che non sono del solito umore…-
-
Ti è successo qualcosa?- chiedo ansiosa.
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Niente di particolare, niente che non sia successo miliardi di volte.-







Comincia a raccontare.
Nel suo reparto in questo ultimo mese c’è stata ricoverata parecchie volte una signora non vecchissima, ma molto malandata.

-
Fin dall’inizio ho stabilito una relazione particolare con quella donna. Lo so non è professionale. Non c’era un motivo speciale, è successo così, senza un perché. Un pomeriggio mi ha chiesto – Può chiamarmi per nome o non si può? Mi farebbe sentire meglio. – Da quel momento l’ho chiamata sempre Alba. E’ un bel nome.-
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E’ morta?-
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Si, lunedì.-
Poi comincia a parlare di Alfredo, il marito.
-Era sempre là, seduto di fianco a lei.-
-
Non avevano figli?-
-
Hanno avuto un figlio morto a tre anni di malattia. Alba me l’ha raccontato in un momento che lui non era presente. – Alfredo non vuole che io ne parli. - mi ha detto a bassa voce.-
Prosegue il suo racconto, io ascolto. Il giorno che è morta, Lella, appena arrivata a casa, è andata subito ad aprire il frigorifero. La sua cara vecchia abitudine. E’ stata ferma qualche secondo lì davanti poi l’ha richiuso senza mangiare niente. Dico che è un grande passo avanti. Lella annuisce senza parlare.








Dopo aver messo i piatti in lavastoviglie riprende il discorso -Ieri, a letto, sepolta tra le coperte, pensavo. E ho capito perché mi sono così affezionata ad Alba. Mi sono vista al suo posto. Ma io non avrei un Alfredo che mi tiene la mano. Ho paura di morire sola!-
-
Ma che discorsi fai? Certo che non morirai sola. Poi non devi mica morire domani, sei ancora giovane!- dico tentando di buttarla un po’ sul ridere.
Si, si, ma tu un marito ce l‘hai.-
Ha ragione, G. è un rompiscatole ma non lo cambierei con nessun’altro. Siamo sposati da otto anni e tuttora penso che sia stata la cosa migliore che ho fatto nella mia vita.
-
Il problema è conoscere gente. Perché non ti iscrivi a un corso di qualcosa?-
-
Si, di cosa? No, il problema non è conoscere gente. Da un po’ di tempo mi domando perché tutti i morosi che ho avuto erano così disgraziati. Eppure non sono stupida, ma con gli uomini sono un disastro. Tu perché hai sposato G? Cosa aveva di diverso dagli altri?-
Sono ancora seduta a tavola, mi guardo le mani. La fede è là al suo posto dove lui me l’ha messa quel giorno. L’ho tolta pochissime volte. Sono fortunata e anche tanto.
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Era simpatico, mi faceva ridere. E poi è onesto.- rispondo.
-
Meno male che domani vado dalla Gustalavita.- dice lei.
-
Ah, bene.- Quella donna, ormai, l’ha stregata, penso mettendomi il cappotto. Poi prendo le chiavi della macchina e prima di uscire le do un bacio sulla guancia.
Speriamo che le passi in fretta questo raffreddoraccio che si è presa e anche questa tristezza. Forse però non è un male permettersi di essere tristi ogni tanto.







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